E' la svolta, quella che le darà anche la notorietà, nella carriera della regista che finirà per ricevere l'Oscar con THE HURT LOCKER. Fine degli sperimentalismi da ex videasta museale, evoluzione concreta nei confronti dell'artista concettuale che componeva le inquadrature sapienti ma anche compiaciute sui motociclisti nei motel alla Edward Hopper del suo THE LOVELESS d'esordio.

In POINT BREAK scopre la sensualità di Keanu Reeves; e un erotismo dilagante (etero, ma in gran parte omo) nella storia di un giovane agente dell'FBI che s'infiltra tra i surfer di Los Angeles per smantellare una banda di rapinatori. Scopre, soprattutto, i risultati che i mezzi di una produzione finalmente importante permettono di ottenere alla sua notevolissima perizia formale. Questi balzano subito all'occhio: energia straordinaria nel trasmettere le sensazioni di una sfida notturna alle onde gigantesche del Pacifico, dei tuffi da filosofia terminale con i paracaduti ad apertura ritardata, degli assalti alla banca mascherati da ex presidenti USA, delle tradizionali rincorse forsennate con le immense e sempre più ammaccate limousine dell'epoca.

Ma dietro all'estrema spettacolarità della pellicola ed ai suoi intenti vagamente thriller-polizieschi non deve sfuggire l'intuizione della Bigelow nel cogliere magnificamente il profumo dell'epoca o le forti tensioni di quelle libido pericolosamente esposte al sole della California. E' una donna (pure di fascino) ad affrontare la sessualità dei maschioni pettoruti e eternamente abbronzati che si avvinghiano al pallone sulla spiaggia; lei, a finire per concentrare la faccenda sui toni dell'iniziazione mistica (ed al tempo stesso assai più prosaica...) tra Reeves e il santone che lo introduce ai misteri del surf (Patrick Swayze). Ce n'è a sufficienza per conferire al film un tono che s'imprime nella memoria.